mercoledì 14 settembre 2016

Divina malinconia


"Siccome anche la genialità è caratterizzata da un eccesso di energia nervosa, cioè sensibilità, è  del tutto nel giusto Aristotele quando osserva che tutte le persone eccezionali e superiori sono melanconiche: "Tutti gli uomini che si sono distinti o nella filosofia o nella politica o nella poesia o nelle arti sono melanconici"
Arthur Schopenhauer in Parerga und paralipomena
Nel 22/12/1923 D'Annunzio scrisse: "Già vano celebratore di palagi insigni e di ville sontuose, io sono venuto a chiudere la mia tristezza e il mio silenzio in questa vecchia casa colonica, non tanto per umiliarmi quanto per porre a più difficile prova la mia virtù di creazione e di trasfigurazione  [...]
Tutto qui è dunque una forma della mia mente, un aspetto della mia anima, una prova del mio fervore"
Il Vittoriale fu anche interpretato come monumento funebre governato dalle tristi Parche.
Il poeta fu dominato al Vittoriale da una tristezza "possente", "esosa", addirittura "mortale".
"Io ho sempre meco la mia divina sorella Malinconia che, quando io mi credo di tradirla, non si sente tradita"; "Le profondità degli oceani sono note; ma quelle della malinconia sono incommensurabili".
La malinconia fu una forte componente della sua natura, sin dagli anni dell'infanzia: "Ero talvolta oppresso da una di quelle malinconie che in quel tempo mi assalivano nel mezzo del gioco più sfrenato e mi davano a un tratto la voglia di lasciarmi cadere a terra e di morire".
"La mia sete di vivere somoligliava alla mia sete di morire".
"Devono, come i corpi, come le foglie, come
tutto, pure cose dell'anima sfarsi, marcire;
devono i sogni sciogliersi in putredine.
Devi tu, uomo, sempre, di ciò che ti diede l'ebrezza
assaporare torbido la nausea
Nulla del fato è immune. Nel corpo e nell'anima, tutto
tutto, morendo, deve corrompere"
"La malattia e la morte sono due muse bendate che ci conducono a scoprire in silenzio la spiritualità delle forme.
Tutti i poeti - quelli che operano e quelli che cantano - disfacendosi e scomparendo ci ricordano essere noi più strettamente legati all'invisibile che al visibile".
"Il mio bisogno di solitudine è così fiero che, a ogni annunzio di arrivi anche di amici diletti, balzo in furore! Ho bisogno, veramente, di ritrovarmi intiero e padrone dell'intiero mio tempo"
Il segreto della ricerca esoterica di Gabriele D'Annunzio può essere forse svelato dai ricordati appunti privatissimi.
Per cui non deve meravigliare se, come scrisse, l'《implacabile veggenza interiore conduce alla solitudine dell'anima》 e se gli fu possibile credere che ogni 《parola è scongiuro, e qualunque spirito ella evochi, esso appare.
Tratto da " D'Annunzio e l'occulto" di Attilio Mazza

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