venerdì 29 settembre 2017

I "cardini" equinoziali al Tempo Zero


Al Tempo Zero, i due "cardini" equinoziali erano stati i Gemelli e il Sagittario, tra i quali si estende l'arco della Via Lattea: entrambi erano segni bicorporei (così come lo erano quelli posti agli altri due angoli, i Pesci e la Vergine con la sua spiga di grano).
L'immagine dell'arco della Via Lattea teso tra i due "cardini" esprime il concetto che la via tra la terra e il cielo (Via Lattea, appunto) era aperta, la via ascendente e le via discendente dove in quell'Età dell'Oro uomini e dèi potevano incontrarsi.
La straordinaria virtù dell'Età dell'Oro consisteva proprio nella coincidenza del punto d'incrocio tra eclittica ed equatore con quello tra eclittica e Galassia, il che avveniva nelle costellazioni dei Gemelli è del Sagittario, che "stavano salde" a due dei quattro angoli della terra quadrangolare.
"In cima", nel punto centrale sovrastante il piano "emerso" dell'equatore, c'era la Polare.
Il Polo Sud, invisibile alle nostre latitudini, che nel sistema artico era chiamato "il profondo del mare", era rappresentato da Canopo (il timone di Argo), la stella di gran lunga più luminosa di quelle plaghe.
(Secondo Ipparco alla sua epoca,tra il 161 e il 127 a.C., Canopo si sarebbe trovata "a una distanza di circa 38,5 gradi dal Polo Sud.)
Ci sono tuttavia indizi che fanno pensare che Canopo rappresentasse non già il Polo Sud, bensì il polo meridionale dell' eclittica.
Questo breve schema delle teorie arcaiche indica che non ci troviamo assolutamente di fronte a una geografia in senso nostro, bensì a una cosmografia come quella di cui ha tuttora bisogno chi deve tracciare una rotta e che in Tolomeo (ca 100-178 d.C.) ha trovato un'illustrazione perfetta compatibilmente ai lacunosi dati disponibili.
Tratto da "Il mulino di Amleto" di de Santillana e von Dechend

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