venerdì 13 ottobre 2017

Omero e Dante; dotti della dottrina mitica

Esiste la possibilità che Omero si sia trovato a disporre di materiali preesistenti - blocchi già squadrati e conci beh tagliati - che egli trasformò in poesia.
La maestria di Omero consisté in realtà nel riplasmare e umanizzare tali materiali fino a eliminare ogni disparità fra di loro.
In quanto alla tragedia greca, ne sappiamo qualche cosa di più grazie ad Apollodoro: nella sua Biblioteca di miti, integrata dalle meravigliose note di Frazer, egli predispone un "libro" per ogni tragedia, quelle pervenute e quelle non pervenute, quelle scritte e quelle mai scritte; eppure ci vollero un Eschilo o un Sofocle per trasformarne il significato, per ricavarne l'opera d'arte.
Molto più accessibili e meglio conosciute sono le fonti della Divina Commedia -storia, filosofia e mito, misure e intervalli -, che forniscono una struttura virtualmente completa, senza soluzione di continuità.
Ma appunto per questo, a maggior ragione Dante è un creatore vero.
È chiaro che, quando ci si avvicina maggiormente alle fonti tradizionali, è l'idea stessa di "poeta", ποιητής, a dover essere ridefinita.
Veteres docti poetae, dice a Ovidio, che di essi non era certo l'ultimo.
La parola chiave è appunto "dotti", dotto non in tropi e allegorie teoretici, bensì nelle sostanze viventi della dottrina mitica.
Ma l'uso comune è ingannevole.
Oggi dotto è una persona che capisce le cose a fondo: in questo senso Dante lo era certamente.
Ma fu sempre così nelle età remote?
C'è motivo per dubitarne.
Dottrina esoterica, secondo la definizione di Aristotele, è quella che viene appresa molto prima di essere capita.
Fino a pochissimo tempo fa, gran parte dell'educazione degli studiosi cinesi era condotta su queste linee; la comprensione rimaneva una cosa a parte: poteva anche non giungere neppure è, nella migliore delle ipotesi, giungeva ad apprendimento completato.
C'erano altre vie.
...si cerca di determinare in che misura il poeta comprendesse il materiale tramandatogli.
Forse, l'essenza della sua 'libertà' stava proprio nel fraintendimento creativo; comunque il rispetto rigoroso non veniva mai meno.
Qui si parla del poeta, ποιητής, così come lo si intendeva nell'antichità.
C'era un originario complesso di significati che abbracciava a un tempo le parole poeta, vates, profeta, veggente.
Ogni conoscenza e legge Giambattista Vico due secoli fa, doveva una volta essere stata "poesia seriosa".
È in questo senso che Aristotele, in un'epoca sofisticata, parla ancora con rispetto della "grave testimonianza dei [primi] poeti"
Tratto da "Il mulino di Amleto"di de Santillana e von Dechend

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